
Il dedalo dell’uomo in dilemma
-Pedana mineraria di Narjin-Alganos-
Ogni qualvolta gli capitasse di dover assecondare la sua mediocrità, Ruogo soleva cercare la compagnia di chi era maestro nel farlo.
L’Old Gentlemen’s Club era situato nella zona più periferica del quartiere più ricco della città, incarnando alla perfezione l’ambiguità della sua natura. Non era un ritrovo per poveri, ma neppure per ricchi. In effetti, i possedimenti della clientela non erano d’interesse per il personale, a patto che nel borsello recassero la tessera ufficiale, discrezione e buona creanza.
Buona creanza. Sì. E abiti formali. Due elementi fondamentali per il proprietario dell’Old Gentlemen’s Club, che ci teneva all’immagine; era il vecchio spirito di un uomo deceduto durante i roghi di Cyburn, nel medioevo roseniano. Quindi era al corrente di quanto il pettegolezzo e una pessima reputazione potessero condurti a fini grame. Ruogo non era avvezzo ai salotti, al claustrofobico parlottare di vuote faccende o ai ristoranti patinati come quello. L’Old Gentlemen’s Club non era un luogo per assassini prezzolati. Purtuttavia, era il posto più quieto della città.
All’entrata, si veniva accolti da due uomini in frac imbottiti di buon profumo e dell’aroma di tabacco appena fumato. Un lungo corridoio di marmo, piante, acquari e luci soffuse scortava l’ospite, dopo aver consegnato il soprabito, alla sala principale. Di solito Ruogo la trovava già piena, benché a prima vista piena non sembrasse poi tanto. La gente stava seduta; non sciamava o zigzagava tra il bar e i divanetti come i giovincelli del sabato sera; attendevano con pazienza le loro portate, riuniti intorno a un palco il cui unico attore consisteva in un cono di luce attraversato dai malinconici pulviscoli di un sipario in disuso.
Ruogo si sedeva il più in disparte gli fosse concesso dalla geometria dei posti; nei tavoli sopraelevati la luce non raggiungeva il suo volto, ma i suoi occhi rincorrevano quella sulle quinte del palco. A lui bastava così. Come un marinaio alla ricerca del faro nel mezzo di una tempesta, Ruogo si crogiolava in uno smarrimento umano ricamato di rimpianti e sordidi capricci; in eterna ricerca di quella salvifica consolazione rappresentata dal fondo del locale. Non era suo interesse venir salvato, poiché l’illusione che un porto sicuro esistesse bastava a infondergli il coraggio di completare almeno un altro giorno di vita.
[…continua]
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