Taranto è stata ‘privilegiata’ dalla nascita di un’acciaieria a ridosso del quartiere tra i più popolosi e giovani di una città che oggi, rappresenta nitidamente l’arretratezza congenita del sistema Paese e l’incertezza sul futuro dell’intero comparto produttivo. La grande industria moderna ha saputo arginare e sconfiggere, negli anni del boom economico, la miseria delle campagne dando vita allo sviluppo del Mezzogiorno. Diritto al lavoro e al benessere sociale per tutti. La cultura contadina e quella marinara, sono state soppiantate dal mito di progresso ed emancipazione della comunità. Oggi, la crisi dell’acciaio e il fallimento del modello industriale basato unicamente sullo sfruttamento di risorse e territorio, ha cambiato ogni cosa. Il pianeta acciaio ha causato quarant’anni di devastazione ambientale dando vita a sequestri di impianti produttivi, processi, licenziamenti e ad un conflitto sociale senza precedenti. La terra è stata inquinata irrimediabilmente e quel benessere, tanto desiderato, resta un pallido ricordo se dall’incognita della fabbrica vengono lambite le scuole, le case, la città intera. L’entusiasmo con cui i contadini hanno abbandonato i campi deponendo le zappe e i pescatori hanno abbandonato il mare è svanito per sempre, lasciando una ferita acuita dallo sdegno per quella tutela dei diritti dei cittadini che, in questa città, lo Stato non garantisce.
Un viaggio utile attraverso i fatti, realmente accaduti, dalla nascita della fabbrica ad oggi per capire come la vicenda dell’ex Ilva di Taranto si è trasformata in un fallimento di Stato.
Scarica qui la sentenza di primo grado del processo
Le ragioni complesse e gli interessi intrecciati che frenano il cambiamento del sistema produttivo del Paese.
I reali motivi che hanno portato alla caduta del mito del progresso del Pianeta Acciaio.
“Si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi di governa”
(Ennio Flaiano)